Perchè chiedere la modifica della legge sulla sordocecità?


PERCHÉ CHIEDERE LA MODIFICA DELLA LEGGE SULLA SORDOCECITÀ?

In previsione di una iniziativa comune che vi spiegheremo in seguito e che ci auguriamo venga da molti condivisa e accolta positivamente, vi proponiamo questo testo. Leggete attentamente quanto segue.

La comunità Europea il 12 aprile del 2004 ha deliberato la “dichiarazione scritta dei diritti delle persone sordocieche”, riconoscendo la sordocecità quale minorazione sensoriale “disabilità distinta, specifica”, invitando gli stati membri a recepirla. ecco i requisiti, specificati dalla comunità Europea, per definire un soggetto “sordocieco”.
Questa dichiarazione evidenzia il fatto che la percezione ambientale, la comunicazione, le difficoltà relazionali delle persone sordocieche, siano ben diverse e più limitanti di quelle difficoltà che sono proprie delle persone soltanto cieche o soltanto sorde, così come diversi sono gli strumenti idonei al superamento di questi specifici e distinti limiti percettivi. La sordocecita’ non e’ la somma dei limiti dati dalle due minorazioni vista e udito, ma è una disabilità a sé, diversa, distinta e specifica.
La dichiarazione Europea, non pone limite di età per il riconoscimento di questa gravissima minorazione considerando sordocieco anche il soggetto che mantiene un uso parziale di uno o di entrambi i sensi.
Il parlamento italiano, con la legge 24 giugno 2010 n° 107 all’articolo 1 stabilisce che
“La presente legge e' finalizzata al riconoscimento della sordocecita' come disabilità specifica unica, sulla base degli indirizzi contenuti nella dichiarazione scritta sui diritti delle persone sordocieche dal Parlamento europeo, del 12 aprile 2004”.
Nonostante questa premessa, la legge, negli articoli successivi, si ricollega a quanto già stabilito dalla normativa vigente in merito alla cecità ed alla sordità (art.2 comma 1).
La legge Italiana (107/10) NON recepisce affatto la risoluzione Europea, in quanto la normativa vigente in Italia (comma 2, art.1 legge 381 del 26 maggio 1970 e comma 2 art 2 legge 95 del 20 febbraio 2006), stabilisce che “si considera sordo il minorato sensoriale dell’udito affetto da sordità congenita o acquisita durante l’età evolutiva che gli abbia compromesso il normale apprendimento del linguaggio parlato, purché la sordità non sia di natura esclusivamente psichica o dipendente da cause di guerra, di lavoro o di servizio”.
Rifacendosi alla normativa vigente, la legge 107/10 quindi, conferma che, chi perde l’udito dopo l’età evolutiva (oltre i dodici anni), avendo avuto la possibilità di apprendere il linguaggio verbale, non viene riconosciuto sordo ma semplicemente invalido civile.
Da queste premesse si evince che NON sono riconosciute sordocieche le persone che pur presentando una importante minorazione visiva, perdono l’udito nell’età adulta, tantomeno coloro che sono nate con un minimo residuo uditivo e lo mantengono nel tempo.
Il problema riguarda anche quelle persone che hanno mantenuto in minima parte la funzione sensoriale uditiva aggiungendo a questo l’essere cieco, cieco parziale oppure ipovedente grave (legge 382/70 e 138/2001). Queste ultime categorie di persone non sono in grado di supportarsi con la lettura labiale e nemmeno con la LIS (lingua dei segni), dal momento in cui potendo avere una patologia della vista (spesso degenerativa), non riescono più a vedere i movimenti dell’interlocutore.
Ebbene, per queste persone inizia il calvario dell’isolamento nella comunicazione e quindi l’esclusione sociale, perché in Italia NON essendo considerati sordociechi per la grave mancanza legislativa, NON sono attivate per loro quelle “tutele” che il riconoscimento della sordocecita’ come disabilità specifica e distinta dovrebbe attivare: la formazione di personale che abbia una competenza qualificata, la riabilitazione attraverso ausili specifici di nuova generazione e la corretta assistenza; inoltre la formazione permanente e l’inserimento al lavoro, così come previsto dalla dichiarazione Europea.
Con la negazione del corretto riconoscimento della sordocecità quale disabilità distinta, il legislatore non ha nemmeno ritenuto opportuno classificare la gravità di questa minorazione dal momento in cui NON ha riconosciuto la vicarietà che rende uniti nella comunicazione la vista e l’udito. Questa classificazione sarebbe indubbiamente utile ad esempio anche a tutte quelle persone che si sono sottoposte all’intervento dell’impianto cocleare che continuano ad avere problemi nella percezione uditiva. Ancora più utile sarebbe per quei soggetti che hanno anche una compromissione della vista
Più volte sia le associazioni di categoria, sia i privati cittadini hanno invitato i governi che dal 2010 si sono susseguiti a riformulare la normativa sulla sordocecità senza alcun risultato.
Partecipare numerosi ad una iniziativa di sollecito presso le istituzioni governative, evidenzia la dimensione del disagio e della gravità dei limiti che questa minorazione pone. Nel 2016, l’ISTAT, con la Lega del Filo D’Oro, hanno reso pubblico il risultato della ricerca su quante persone con la minorazione vista-udito in condizione di gravità ci sono in Italia. Il risultato è sorprendente: 189.000 circa, dove il 57% dei quali esclusi dalla vita sociale relegati in casa. Favorire una maggiore presenza delle associazioni sul territorio nazionale migliorerebbe di molto le condizioni di vita di queste persone. Ricordiamo che una persona sordocieca non può essere lasciata sola e dovrebbe avere accanto una persona che le permetta di interagire con la società. Questo è un onere che pesa interamente sulle famiglie, che non hanno gli strumenti, il tempo sufficiente e il personale qualificato delle grandi associazioni.
A giorni ci sarà un invito a inviare via e-mail una lettera (che stiamo preparando) al presidente della Repubblica e a tre associazioni storiche. L’iniziativa prevede l’invio in contemporanea tra il 23 e il 24 Settembre, in questo modo possiamo dare maggiormente la dimensione della partecipazione popolare.
Considerando che la sordocecità è causata da patologie diverse e spesso rare e le persone che ne sono affette non sono poche, se in ogni famiglia in cui c’è una persona disabile, ogni componente (maggiorenne) partecipasse a questa iniziativa, i numeri lieviterebbero in maniera sostanziale. Possono ovviamente partecipare anche tutti coloro che pur non essendo direttamente interessati all’argomento ritengono giusto condividerlo ed abbracciare l’iniziativa.
Grazie,
Angelo Costantino Sartoris

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